Pistolotto di Maurizio Bertazzoni (uomo della terra delle zucche)
(SCARICABILE SOLO CON CONNESSIONE ADSL)
Quo usque tandem Catilina.......,abutere patientia nostra.
( tratto dall'orazione di Mauritius Cicero Bertattionis senātor cum latus clavus )
< a v e > rivolto AGLI AMICI UFFICIALI EX ALLIEVI DEL 54° CORSO AUC di ASCOLI PICENO
Io, Senatore per un giorno
In fondo un Ufficiale può sognare di fare il Senatore. Ho le carte in regola: dal latino senex, vecchio.
Per far l’Imperatore bisognava essere Generale. E poi il costume costava troppo!
Ma, cari soldati, un Senatore mica conta poco.
Possiede l’arte del politico, la forza della saggezza, promuove le leggi, esercita funzioni di controllo e poi gode di tutto ciò che gode un Imperatore. Ed è alfine anche meno esposto.
Abbonda nelle libagioni, beve e mangia dove può e gli conviene, decide quando e con chi dormire, si fa servire e soddisfa tutti i suoi desideri.
Ai miei tempi stavo davvero bene, credetemi.
Davo consigli. Se l’epilogo volgeva al meglio il merito era mio per aver consigliato l’Imperatore ad aver preso la giusta decisione.
Quando invece l’errore era palese e discusso, altro non rimaneva che scuotere la testa perché il popolo spostasse la responsabilità di non aver ascoltato all’incauto Imperatore.
Meglio di così ... che pretendere di più. Così si dura nel tempo, comodamente seduti sulle poltrone...
Noi senatori siamo ancora in sella e per non dare adito al popolo bue di esser in troppi e far la bella vita, abbiamo “deputato” altri a far più o meno le stesse cose.
Insomma ora tra Senatori e Deputati siamo circa mille, come i Garibaldini. Il problema è che non siamo tutti “rossi” e quando attacchiamo per difendere la bandiera patriottica ci spariamo addosso perché i colori delle camicie son diversi e ci si riconosce appena.
Certo i tempi son cambiati.
Io, come vedete, sono vecchio e ho visto tante cose.
Ai miei tempi si girava Roma coi cavalli, ora mi sono accorto che i tanti cavalli che sfrecciano per Roma sono condotti da parecchi asini!
La < merda > del cavallo allor era concime, or ha il sapor del veleno antico.
Il < ciambellano > ai nostri tempi era un gentiluomo di corte che soprintendeva ai ricevimenti, ora è diventato un bel culo!
Il < son...mario > in romanesco, che identificava l’omo, or è diventato una trattazione non particolareggiata, per sommi capi.
Il < curriculum > che era una gara di gay ai tempi dell’antica Roma, è ora l’esposizione delle tue vicende personali.
Gli < sbronzi > che erano i nostri soldati per festeggiare una vittoria, ora sono gli ubriachi di Riace.
< partiti > erano i nostri soldati che lasciavano le proprie terre, ora sono movimenti politici andati fuori di testa.
Essere < strafottenti > significava essere una persona di straordinarie qualità amatoriali, ora significa persona arrogante e sfacciata.
I < marron glaces > a quei tempi erano i testicoli sotto zero, ora sono gradevoli castagne dolcificate.
< melodia > ... una volta era una richiesta implorata delle vergini, ora la richiesta viene anche dalle altre che più non lo sono!
Ai tempi dello stravagante imperatore Caligola, correvano gli anni 37÷41 d.c., a fare il senatore c’era anche un cavallo, Incitatus.
Ora, come vedete, sia pure per un giorno, ci sono anch’io, Mauritius, che sono una bestia diversa.
Ergo, oggi a senatore può essere scelto ogni sorta di animale...
Non meravigliamoci quindi se il “Grande Fratello” di Caligola e “il Nipote della Fattoria” oggi sfornano e candidano letteronze, tronisti, capre, tori, personaggi dello spettacolo e dello sport.
Ragazzi, non mi ci ritrovo più. Tutto un casino...
Prego il buon Dio che mi tenga illuminato.
La prossima volta mi vesto da Cardinale.
Mi fa comodo. Appaio quando voglio, non posso esprimere il mio parere di pover'uomo della strada e ho meno responsabilità di un Papa ...
Ciao ragazzi, ...ave a tutta la compagnia
Amici cari, crescono gli anni
e aumentano i malanni.
In tempi di pace apparente
molti sono i pericoli che corre la gente.
Che sia dura tutti lo sanno,
ma talvolta fa più danno l’apprensione che il malanno.
Bello ritrovarci ancora insieme dopo 40 anni!
40 anni son tanti, indistintamente, per tutti quanti.
Haò, dovemo esse contenti de sta Compagnia...
Er penziero vjè sempre pé sta dorce creatura.
Una compagnia dura solo se c’è pace vera,
quella che non distingue il giorno dalla sera.
Se stentata,
un’amicizia dura solo una giornata.
Di questi tempi è una rendita,
eppur tanti ancor la mettono in vendita!
L’amicizia è un gran tesoro,
va apprezzata più dell’oro.
L’augurio che oggi va qui lanciato
e che quel che ancor farem sia sempre ragionato.
� Roma capoccia
Ci troviamo dunque, amici, in terra romana.
Caput mundi...
Quando si dice Roma e dintorni viene spontaneo richiamarsi al Parlamento ed al Vaticano.
4Fare una parodia sul Parlamento ormai più non sorprende, nè fa ride più de tanto. Anzi, oltre alle esigue carceri, ora è prioritario l’ampliamento delle valli del pianto.
Nun se ne può più!
Ciavemo poca speranza de godesse la pace e l'uguajanza che cianno predicato tanto spesso!
Quanno che senti ch'è un signore ha rubbato:
er ladro ricco è sempre un ammalato e er furto che commette è una pazzia.
Ma se domani è un povero affamato che rubba una pagnotta e scappa via, pe' lui nun c'è nessuna malatia che j'impedisca d'esse condannato!
Le trappole so' fatte pe' li micchi: ce vanno drento li sorcetti poveri,
mica ce vanno li sorcetti ricchi!
Così va er monno!
Vò poco al ristorante. Se proprio nun ne posso fà a meno, vò a quello accanto.
Sò ben qualli scarti te stanno a rifilà.
Me sò accorto quanno sto a lavar li piatti!
Così va er monno!
Haò, li ricchi deventan sempre più ricchi
e li ricchioni pure.
Ma chi ce l’ha ar culo è sempre la povera gente.
Sta a soffrì tanto e prende poco e gnente!
Così va er monno!
Pe’ conservà lo stesso bon umore pur nei li momenti der dolore e delli guai, mejo portà er grugno de cartone che ce serve p'annisconne quello nostro.
Così va er monno!
Nun è possibbile che se possa diventà de marmo:
non se po’ dì “ma che me frega”.
Non ce se po’ coprir co' la pelle de somaro!
Mi' nonno, quanno ero ancor pupetto, avé raggione, mi insegnò d’esse omo, nun cojone.
Così va er monno!
4Anche a parlare del Vaticano non è proprio così facile...
Non tutti i mercanti forse sono usciti dal Tempio.
Ed allora, in questa terra di martiri cristiani, mi è sembrato opportuno rivolgermi più in alto: alla Madonna.
Con la quale Signora, confesso pubblicamente in parte vergognandomene, troppo spesso dimentico di dialogare e di ringraziare per la sua delicata presenza.
E la Nostra amata, pur dimostrando comprensione e benevolenza... è diventata ormai di tutti i colori...
non fa paura.
Il nero colore non deturpa la tua bellezza divina
sei la nostra grande Regina.
Invitaci alla preghiera
ma che sia sentita e sincera.
Trasforma le tentazioni
in allegre e spensierate canzoni.
E’ pur vero che spesso ci mettiamo in posa.
è per reagire a chi intende mettercelo nell’ano.
La vita è dura impresa
che conduce spesso alla resa.
Il mondo è più nero che rosa
ti preghiamo quindi di una cosa:
vestilo del tuo colore
che è segno di dolcezza e buonumore.
Di Te abbiam bisogno per rimanere in palla.
Non t’abbiam mai vista in una icona
tanto meno di persona.
Sei cinese, sei piccola, hai pretese, ti senti fustigata?
Madonna gialla è forse al mulino che ti sei infarinata?
Anche la nostra vita è un giallo,
a volte finisce bene, a volte finisce in sballo.
Tu, nostra Signora, mettiti in regia
adopra qualsivoglia strategia
per darci la speranza
di un finale di baldanza.
Hai il colore di molte nostre tasche.
Togliti un attimo i veli ...
Difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli.
Ma in questo mondo dove di fame ancor si muore
molto può l’amore ...
ma chi davvero al verde rimane
non può mangiare nemmeno un tozzo di pane.
A Te rivolgiamo quindi l’invito:
fa in modo che il paniere venga ben distribuito.
Rimanga il ricco, rimanga il povero
ma abbia questi il diritto di mangiare quanto basta,
niente antipasti, niente dolci…
ma almeno un po’ di pane e pasta.
E’ vero: sovente siamo legati alla vil palanca.
Talvolta ci neghiamo al bisogno altrui
non riconosciamo degli altri i momenti bui.
Tutto questo non è cristiano
ma talvolta dietro al tender di quella mano,
si nasconde un tal signore
che gioca sul sentimento del caritatevole amore.
A Te chiediamo:
Aiutaci a capire
quando è giusto elargire.
Illuminaci e custodiscici sotto tutti gli aspetti
sia che siamo bravi o inetti.
Le gioie celesti sono quelle godute dai beati,
l’uomo spesso gode di reati.
L’uomo sa di dover morire
eppur non si sa ancor gestire.
Ecco il messaggio che tutti noi ti lanciamo:
prendici per mano.
E ti chiediamo una volta in più e senza indugio
di prepararci, ma in un lontan doman, un dolce rifugio.
Bibi è in cima alla montagna, a lui piace star solo ...
quindi c’è tempo ancor prima di spiccare l’ultimo volo!
· Noi della 3^ compagnia, di unione militare
a te ci vogliamo affidare.
Forse non sappiam portar la croce,
in compenso a volte alziam la voce.
Usiamo il potere,
a volte con la testa a volte col sedere.
Se andiam fuori di pera,
ci comportiam come gli uomini della volgare era.
Sbaglia anche il prete sull’altare...
Orsù dunque, Avvocata nostra,
dacci la tua benedizione solenne
e imponila a tutta questa grande famiglia perenne.
� Trilussa
L’ho conosciuto, anzi l’ho studiato in questi giorni senza approfondire ...riservandomi di farlo perché merita.
Questi incontri servono a me anche per rimané meno ignorante...
Trilussa, pseudonimo di Carlo Alberto Salustri (Roma, 26 ottobre 1871 – Roma, 21 dicembre 1950), è stato un poeta italiano, noto per le sue composizioni in dialetto romanesco che contribuì a elevare a lingua letteraria.
Biografia
Ebbe un'infanzia poverissima (a tre anni rimase orfano del padre, compì studi irregolari).
La sua vena, prevalentemente satirica, andò via via affinandosi, trovando la misura più congeniale nel bozzetto di costume e nella favola moraleggiante di ascendenza esopiana.
< Quaranta sonetti (1895) >, < Favole romanesche (1900) >, < Caffè concerto (1901) >, < Er serrajo (1903) >, < Ommini e bestie (1908) >, < Le storie (1915) >, < Lupi e agnelli (1919) >, < Le cose (1922) >, < La gente (1927)> e molte altre, tra le quali la famosa < La vispa Teresa (1917) >.
Ben presto le sue opere lo resero un personaggio popolarissimo, ma durante la sua vita fu sempre assillato da problemi economici, mantenendosi con i proventi editoriali e le collaborazioni giornalistiche.
Era anche un efficace dicitore dei suoi versi, e come lettore di poesia fece lunghe tournée in Italia e all'estero.
Il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi nominò Trilussa senatore a vita il 1° dicembre 1950, venti giorni prima che morisse; già da tempo malato, e presago della fine imminente, con immutata ironia, il poeta commentò: "M'hanno nominato senatore a morte".
Era d'Agosto e il povero uccelletto
ferito dallo sparo di un moschetto
andò, per riparare l'ala offesa,
a finire all'interno di una chiesa.
il parroco intravvide l'animale,
mentre i fedeli stavano a sedere
recitando sommessi le preghiere.
Una donna che vide l'uccelletto
lo prese e se lo mise dentro il petto.
Ad un tratto si sentì un pigolio
pio pio, pio pio, pio pio.
Qualcuno rise a sto cantar d'uccelli
e il parroco, seccato, urlò: "Fratelli!
Chi ha l'uccello mi faccia il favore
di lasciare la casa del Signore!"
I maschi un po' sorpresi a tal parole
lenti e perplessi alzarono le suole,
ma il parroco lasciò il confessionale
e: "Fermi - disse - mi sono espresso male!
Tornate indietro e statemi a sentire ...
solo chi ha preso l'uccello deve uscire!"
A testa bassa e la corona in mano,
le donne tutte usciron pian piano.
Ma mentre andavan fuori gridò il prete:
"Ma dove andate, stolte che voi siete!
Restate qui, che ognuno ascolti e sieda,
io mi rivolgo a chi l'ha preso in chiesa!"
Ubbidienti in quello stesso istante
le monache si alzarono tutte quante
e con il volto invaso dal rossore
lasciarono la casa del Signore.
"Per tutti i santi - gridò il prete -
sorelle rientrate e state quiete.
Convien finire, fratelli peccatori,
l'equivoco e la serie degli errori:
esca solo chi è così villano
da stare in chiesa con l'uccello in mano”.
Ben celata in un angolo appartato
una ragazza col suo fidanzato,
in una cappelletta laterale,
ci mancò poco si sentisse male
e con il volto di un pallore smorto
disse: "Che ti dicevo? Se n'è accorto!”
... « Io che conosco bene l'idee tue
so' certo che quer pollo che te magni,
se vengo giù, sarà diviso in due:
mezzo a te, mezzo a me...Semo compagni.
No, no - rispose er Gatto senza core -
io non divido gnente co' nessuno:
fo er socialista quanno sto a diggiuno,
ma quanno magno so' conservatore ».
... « C'è un'ape che se posa su un bottone di rosa:
lo succhia e se ne va…
Tutto sommato, la felicità
è una piccola cosa. »
Scritto a due teste (ott 2009): Trilussa (da Roma) e Bertazza (da Mantova)
pare che sia una vittima e che dica:
- Io veramente nun ciambivo mica;
Fino a ieri ha spinto più di un mulo!
ma s'è saputo quant’egli ha intrigato,
quanto ha combattuto...
quanto l’ha voluto.
nun pare più, dar modo che cammina,
ch'ha dovuto inchinasse a tanti e tanti...
Ora stà da quella parte.
Speramo che quanno pensa
se ricordi che chi lavora cià una camicia appena,
le mutanne e un par de scarpe da far pena;
e che la coscienza nazzionale
è un bene importante, essenziale.
senza l'ombra d'un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro.
Ciavemo bisogno di una voce for dar coro!
tutto se logora e se sconquassa:
se suda, se fatica, se pena tanto eppoi...
cuccù, salute a noi!
Ragazzi, che Dio ce la manni bona
e pussibilmente senza mutanne!
risparmiato dar cannone,
or ce vole una canzone!
L’Italia sà da sgrullà,
più fatti spicci che parole,
più respetto che regole de coccio,
più strette de mano
che sorprendenti prese d’ano.
nun te incazzà coi deboli,
nun te incazzà coi forti,
nun te incazzà proprio!
Di fronte a sto campà d’inedia,
cerca de sollevarte da quella sedia.
Datte una mossa,
l’Italia tutta ha bisogno d’una scossa!
Haò, potemo cambiar er monno
solo cambiando li ommini.
Nun sto a scapoccià,
sto a dì la verità!
� Quanto sei bella Roma
Er Colosseo, le Ville sui colli, Tivoli residenziale, i monumenti, il Tevere, i teneri barboni, gli imperatori, i gran signori, belle donne e parecchi, parecchi figli di mignotta.
Come te non c’è nessuno, ma te potresti mijorà.
Stamme ascoltà.
Tutto er monno te stà a guardà, te gira attorno, te fa la corte ... ma non te allargà.
Da quando è apparso il Creato, Roma capoccia, hai sempre domminato, spesso bene ma a volte hai pure esaggerato.
Li mortacci, réndete conto che tu fai parte del mondo, che dicono sia tutto tondo;
tu sei il migliore sfondo di una civiltà storica, artistica e culturale che però talvolta rendi troppo teatrale.
A qualcuno questo atteggiamento fa girar le bale...
Sette colli son giusti, ma mille teste son troppe, a considerà che il più son drento rotte!
Ave Roma,
salute Roma
arbiter elegantiae.
arbitro dell’eleganza, del gusto.
De iure audiatur autem altera pars.
Di diritto venga ascoltata anche l’altra parte.
Cum grano salis,
Con discernimento
pro domo pacis populi
a favore della pace del popolo
datte ‘na mossa...
datti una mossa
Nulla dies sine line,
Non si deve passare un giorno senza tracciare una linea,
mens agitat molem.
lo spirito muove la materia.
De profundis et aperto pectore,
Dal profondo e a cuore aperto,
sacra populi lingua est:
sacra è la lingua del popolo:
suum cuique tribuére.
dare a ciascuno il suo.
Nun facce strillà:
non farci arrabbiare
“est modus in rebus”.
“c’è una misura nelle cose”.
Sei bella Roma,
ma cerca de deventà ancor più attenta, generosa e bona.
Bona de core,
dove regni l’amore.
Amici,
un pane, un fiasco e un anno
… veloci se ne vanno.
Presto al prossimo raduno ritornerem
e tutti intorno ancora una volta ci stringerem.
E se qualcun triste avrà il viso,
non scordiam di lanciargli un bel sorriso.
Ricordo ancora: un viso sorridente
rende molto e costa niente.
Da buon Ufficiale,
promuovo ora il saluto nazionale:
viva l’Italia, viva la Capitale.
Ad maiora...
Maurizio Bertazzoni